Vincere qualcosa è di per sé abbastanza
gratificante, quando poi si tratta di biglietti per un concerto di
Chet Faker (biglietti che peraltro non erano in vendita singolarmente
ma solo parte del forfait-da-ricchi Club to Club) questa è
l'esperienza più vicina alla beatitudine che un essere umano possa
provare.
Così mi sono ritrovata su un 18 a
trangugiare birra del discount 8.5 e a cercare di calmarmi e darmi un
tono da blogger prima di raggiungere l'Hiroshima.
All'ingresso,
scopro che il mio nome è in lista con un +1 accanto e quindi non
devo nemmeno litigare per far entrare a sgamo il pischello americano
che mi accompagna. Mentre gli spiego che no, non deve più fingere di
essere il mio fotografo, ci buttano in mano due consumazioni a testa
(a me accidentalmente 3) e questo mi fa presagire il peggio, presagio
confermato una volta dentro, quando scopro che i bar sono stati
trasformati in giganteschi stand dell'absolut vodka, che offrono 3
tipi di cocktail: vodka lemon, vodka lemon blu, vodka lemon
zuccheroso.
In sala majakovskij, sul palco ma leggermente
defilato, c'è un dj dall'aria mediterranea. Mi avvicino e scopro che
è quello del Doctor Sax: Wood Step. Mentre pompa timidamente nelle
casse, io mi guardo intorno e mi accorgo di non aver mai visto quella
sala così vuota, talmente vuota che la temperatura si aggira intorno
ai 26 gradi, 20° in meno rispetto alla temperatura di un qualsiasi
concerto degli Zen Circus.
Wood Step nel suo angolino
Oltre all'allarmante mancanza di
pubblico, tutti sembrano avere un pass al collo o essere lì, come
me, per aver vinto il contest.
Mentre mi abbandono a teorie
complottistiche e viaggi vari, il mio accompagnatore mi urla
nell'orecchio "looks like Portland". Attorno a noi un
turbine di barbe, occhiali, beanie e camicie troppo abbottonate. Il
problema fondamentale della massificazione, dell'omologazione e della
globalizzazione in toto è il seguente: come faccio a sapere con chi
di voi ho limonato all'Astoria se siete tutti uguali? Da quel momento
in poi la serata è stata tutto un "Heyy ma te sei ***** del
Mobbing Party?" "no".
Lui non si chiama Alessandro
Sono le 23, secondo
vodka-lemon-qualcosa e Chet Faker non si fa ancora vedere. Approfitto
per andare in bagno, e ovviamente è in quel momento che il concerto
inizia.
Chet Faker biascica e suona, e la folla lo acclama come a
un concerto della bandabardò, nonostante dica cose piuttosto
antipatiche. La scaletta non si allontana molto da quella casuale
dell'app di Spotify ma lui è impeccabile. Fa letteralmente tutto,
senza nemmeno il supporto di un MacBook, e ci piazza dentro pure
l'improvvisazione.
Chet Faker acconciato come un samurai
In quel labirinto di barbe ne scorgo una
conosciuta: è Johnny Fishborn. Parecchio ringalluzzito per
l'effimero istante di celebrità commenta dicendo "è musica da
sesso" e poi mi chiede affannato per quale rivista scriva.
Johnny Fishborn che si diverte
Il
concerto non dura molto, ancora soddisfatta per essere lì gratis mi
bevo l'ultimo vodka lemon in quel bicchiere di lusso, che manco
bisogna riportare al bancone in cambio di un euro, come è usanza
all'Hiroshima Mon Amour e in qualsiasi bar di Berlino.
Decido di
fare domande in giro, trovo due ragazze inglesi che urlano e si
abbracciano e sicuramente si fanno anche un po' di pipì addosso e
chiedo retoricamente se a loro il concerto sia piaciuto. Mi dicono di
sì, dicono di amarlo ma non mi dicono perché e che vorrebbero
pettinare la sua barba. Faccio loro una foto, che mi approvano solo
al terzo tentativo perché nelle precedenti sembravano "troppo
lesbiche".
"I wanna comb his beeeaaaardd"
Un pochino scoraggiata, approccio altre due
ragazze dall'aria oltremodo hipster, sperando in una risposta
deludente che potesse permettermi di fare la cosa che al mondo
preferisco, ovvero umiliare le persone on line. Sorprendentemente
sembrano preparate e dicono di aver apprezzato molto
l'improvvisazione e il fatto che facesse tutto lui e tutto sul
momento. Poi la conversazione si sposta sul "cosa studi-dove
studi" e si parla inglese. Anzi non sono sicura che stessi
ancora parlando con loro due.
Ciao ragazze
Annebbiata dal mix vodka lemon-birra del
discount mi chiudo in me stessa per un momento di sincera
introspezione, e lo faccio accovacciata tra due macchine mentre cerco
di non schizzare gli stivali appena
comprati che dovrò indossare alla mia laurea. Ciò che ne deriva è
uno scorrere lento e inesorabile di pipì che diventa metafora dei
fluidi suoni della musica di Chet Faker e dello scorrere lento e
inesorabile delle nostre esistenze.
La bozzza dell'articolo così come l'ho
trovata stamattina